LA TACHELES DISTRUTTA?BERLINO NON SARA' PIU' LA STESSA!
Allego da Diritti Globali:
Potrebbe non essere più lì già dal prossimo aprile, destinato a diventare uno spazio per uffici e negozi. Nel cuore della parte est, dopo la cadura del Muro, è diventato il simbolo delle trasfromazioni storiche della metropoli, e dell'intera Germania. Un luogo di crossover in cui ha trovato sempre accoglienza, in piena libertà, la ricerca artistica mondiale
BERLINO Il conto alla rovescia per il Tacheles, la più famosa Kunsthaus (Casa dell'arte) di Berlino, sembra cominciato. La messa all'asta dell'edificio minacciata da anni ha una data: il 4 aprile potrebbe segnare la fine di un ventennio di cultura artistica indipendente per l'ennesimo spazio destinato a negozi, uffici, appartamenti. Sebbene l'indiscrezione sul futuro dell'area (di circa 23000 mq) pubblicata dal giornale tedesco B.Z. non sia stata confermata dal probabile acquirente, il pericolo sembra concreto. Al Tacheles, tuttavia, la speranza è ancora viva: «Siamo ottimisti, risentiamo della situazione, ma in modo positivo perché ci rende più creativi e sicuri delle nostre passioni» ha dichiarato Barbara Fragogna, artista italiana da tre anni curatrice degli eventi presso la Kunsthaus. Aggiunge: «Com'era Parigi negli anni '20, New York negli anni '50, Londra negli '80, Berlino è oggi la meta degli artisti di tutto il mondo. Chiudere questo simbolo di indipendenza significa togliere ragione d'essere alla città». L'edificio di Oranienburger Strasse risale al 1909 e porta i segni della Storia. Sede nazista nel '41, bombardato nella seconda guerra mondiale, a rischio di abbattimento negli anni della Germania divisa, viene salvato dagli artisti che lo occuparono subito dopo il crollo del muro. Oggi la Kunsthaus è un vero e proprio labirinto di corridoi, stanze e spazi votati all'arte in tutte le sue forme: teatro, cinema, musica, arti visive e installazioni. Patrimonio nazionale dal '90, Tacheles attira ogni anno circa 300mila visitatori. «Questi ventun anni di storia hanno dimostrato il successo del progetto, perciò ci rifiutiamo di andarcene», spiega la portavoce Linda Cerna. A fine 2008 è scaduto l'accordo di locazione con Fundus, la compagnia di investimenti proprietaria della struttura e, a causa di problemi finanziari, è subentrata l'amministrazione controllata della HSH Nordbank. Poco dopo, Fundus ha dichiarato bancarotta e la neo-proprietaria HSH ha minacciato lo sfratto e la messa all'asta. Nonostante l'ordine di sgombero del 2009, Tacheles ha mantenuto il suo ruolo fondamentale nella scena artistica berlinese. L'accordo del '98 con il Fundus ha fatto sì che per dieci anni Tacheles pagasse un affitto simbolico, ma gli artisti hanno rinnovato la struttura investendo circa 300 mila euro. Il tutto senza alcun profitto: Tacheles è infatti un'organizzazione no profit e i costi di gestione sono coperti soprattutto con gli affitti pagati dagli artisti e gli organizzatori sono volontari. Si parla perciò di sfrattare «inquilini» con cui il proprietario ha un debito. Non solo. Secondo quanto ci ha spiegato Linda Cerna, anche l'HSH sarebbe fallita senza gli aiuti statali: «È un paradosso che una banca salvata da denaro pubblico voglia farci chiudere, andando contro la volontà di 100 mila firmatari di una petizione e del sindaco Klaus Wowereit, grande sostenitore dell'art center. La banca si è sempre rifiutata di negoziare per trovare un accordo, compreso un ragionevole affitto». Tra gli 80 artisti che lavorano alla Kunsthaus sono diversi gli italiani arrivati a Berlino alla ricerca dell'opportunità che l'Italia non aveva dato loro. «Volevo scappare da Brescia - dice il fotografo Alberto Petrò - Qui ho potuto usufruire di un atelier condiviso con un amico al Tacheles dove è consentito fare liberamente ciò che ti piace. In Italia potevo al massimo usare la mia stanza o la mia camera oscura, con i prezzi che ci sono non posso permettermi altro». La pittrice Gianna Bentivenga racconta: «Tacheles mi ha messo in contatto con artisti internazionali per una crescita a 360°. In Italia l'artista è visto come un fannullone, mentre in altri paesi beneficia di un sussidio. L'Italia non produce più cultura, vive di una cultura trascorsa che non sa neppure salvaguardare. Un paese senza una cultura è un paese morto e votato a un disfacimento auto-creato. Con la chiusura del Tacheles, Berlino perderebbe il risultato dell'audacia di chi ha lottato per la rinascita di un paese distrutto; perderebbe parte della sua identità». Sono innumerevoli le manifestazioni in difesa del Tacheles e tra queste l'iniziativa del fotografo Petrov Ahner è indubbiamente quella che ha avuto più risonanza. Migliaia di sostenitori da ogni angolo del mondo hanno infatti accolto l'invito di Ahner a immortalarsi con un semplice cartello: «I support Tacheles», frase che ha poi dato il nome alla campagna e al blog che raccoglie gli scatti. «Il 24 giugno scorso, non potendo partecipare a una dimostrazione a Berlino, ho pensato di organizzare un'azione di solidarietà a Parigi, scattando delle foto con l'ormai noto messaggio. L'inaspettato riscontro positivo mi ha dato l'idea del blog, senza immaginare l'enorme seguito di sostenitori, di testate giornalistiche e di comunità artistiche di diversi paesi». Alla campagna hanno fatto eco eventi in ogni luogo. Ahner continua a esporre le foto che riceve al quarto piano del Tacheles, diventato uno dei posti preferiti dai turisti per uno scatto-ricordo di una realtà che potrebbe tra poco appartenere al passato.
NO...Berlino è Berlino perchè esistono questi posti, non massificate anche die Stadt
RispondiEliminabrutto vero?
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